In linea generale deve ribadirsi che nei rapporti tra avvocato e cliente, la nozione di conflitto di interessi, ai sensi e per gli effetti dell’art. 24 del vigente codice deontologico forense (già art.37 del codice deontologico forense approvato dal CNF in data 17 aprile 1996) non va riferita, restrittivamente, alla sola ipotesi in cui l’avvocato si ponga in contrapposizione processuale con il suo assistito in assenza di un consenso da parte di quest’ultimo, ma comprende tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, il professionista si ponga processualmente in antitesi con il proprio assistito, come quando, nell’ambito di una procedura esecutiva, chieda l’attribuzione di somme del proprio assistito senza sostanzialmente cessarne la difesa, potendo essere il conflitto anche solo potenziale (S.U. n. 7030 del 12/03/2021, Rv. 660835 – 01).
Da quanto esposto discende che l’avvocato Lo.Ca., accettando l’incarico di difendere il padre biologico della persona minorenne, versando in una situazione di inscindibile contiguità professionale con la collega associata nel medesimo studio, che rivestiva il ruolo di curatrice speciale, ha finito per dare vita a un conflitto di interessi, non potendosi escludere che l’interesse dell’aspirante al riconoscimento paterno abbia finito per interferire con quello della persona minore d’età.
Camera Minorile di Palermo - Presidente Avv. Serena Lombardo
