Convegno NAZIONALE AMI 2024

Il 14 giugno 2024 si è svolto a Catania il Convegno Nazionale A.M.I. – Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani, dal titolo “Le relazioni familiari nel loro divenire: criticità delle riforme processuali”.

Il Presidente della Camera Minorile “Orazio Campo” di Palermo, Avv. Serena Lombardo, nella qualità di Responsabile della Comunicazione del Direttivo U.N.C.M. – Unione Nazionale delle Camere Minorili, è intervenuta con un importante contributo sulle nuove figure ausiliarie del Giudice nel nuovo rito di famiglia.

Le relazioni familiari nel loro divenire: criticità delle riforme processuali

Di seguito la relazione integrale dell’Avv. Serena Lombardo.

Gli esperti e le consulenze tecniche nelle sedi circondariali

Con la nota riforma di cui al D.lgs. n. 149/2022 e con l’istituzione del Tribunale per le Persone, i Minori e le Famiglie, si assisterà al passaggio da un organo giudicante collegiale, quale è il Tribunale per i Minorenni, al giudicante monocratico.

Probabilmente il legislatore ha voluto colmare questo gap, reso ancora più grave dall’assenza della componente onoraria, soprattutto nei procedimenti di responsabilità genitoriale, esaltando le figure ausiliarie di cui al Capo II del Titolo IV bis del Libro II del Codice di Procedura Civile.

In particolare, nel corso dell’Istruttoria il Giudice Monocratico può:

  • – avvalersi dell’intervento dei Servizi Sociali, ai sensi dell’art. 473 bis.27 c.p.c.;
  • – disporre CTU scegliendo un consulente cin specifica competenza, ai sensi dell’art. 473 bis.25 c.p.c.;
  • – nominare un esperto su richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 473 bis. 26 c.p.c.

L’art. 473 bis.27 c.p.c. attribuisce alla insindacabile discrezionalità del Giudice, il potere di decidere se e quando avvalersi dell’ausilio dei Servizi e per quali attività viene chiesto il loro intervento.

Tuttavia, ai servizi vengono demandate le indagini sul nucleo e sulle “capacità genitoriali”, giungendo spesso ad assegnare loro compiti estranei a quelli istituzionali, se non anche ultronei rispetto alle loro competenze e formazione, che per legge è volta

alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita” (Decreto Legislativo n. 112 del 31 marzo 1998).

Il legislatore, recependo le molte pronunce della CEDU e con l’obiettivo di rafforzare le garanzie di celerità processuali nei giudizi che coinvolgono minori, ha individuato un termine “essenziale” per l’invio delle relazioni periodiche da parte del Servizio Sociale.

Nel rispetto del principio del contradditorio, lo stesso Giudice deve assegnare anche alle parti un termine per il deposito di memorie contenenti eventuali osservazioni o note critiche all’attività svolta dai Servizi (art. 473 bis.27 co. 1 c.p.c.).

Nella prassi, invece, capita spesso che il termine assegnato ai Servizi per i deposito delle relazioni coincida con il termine assegnato alle parti per il deposito di note di trattazione scritta o note difensive, impedendo così alle parti di prendere visione delle suddette relazioni e di controdedurre in ordine alle stesse.

Peraltro, nell’ipotesi di mancato deposito delle relazioni e/o di mancata attivazione degli interventi demandati ai Servizi nei termini assegnati, senza giustificato motivo, si producono nei fatti lungaggini procedurali contrarie al principio di “tempestività” al rispetto del quale l’Italia è stata più volte richiamata dalla Corte Edu.

Si ricordano sul punto le numerose condanne inflitte all’Italia dalla CEDU per le misure adottate nella gestione dei conflitti familiari riguardanti minori, giudicate “stereotipate”, e il richiamo alla tempestività con cui tali misure debbano essere adottate (Corte Eur. Dir. Uomo, sez. II sentenza 29 gennaio 2013, Affaire Lombardo c/Italia; Corte Eur. Dir. Uomo, sentenza 2 novembre 2010, Affaire P. c/Italia).

Inoltre, occorre sottolineare la mancanza del rispetto del principio del contraddittorio nello svolgimento degli incarichi dei Servizi, ai quali è lasciato ampio margine discrezionale nello svolgimento delle attività (nel corso delle quali non è consentita la presenza dei difensori, né di un consulente di parte) e ai quali non è consentito l’accesso al fascicolo telematico del processo.

Il secondo comma dell’art. 473 bis.27 tipicizza le “modalità” di redazione e il “contenuto” delle relazioni che i Servizi devono rispettare.

Dette relazioni devono distinguere la parte in cui riportano i fatti/atti che sono stati oggetto di accertamento, da quella in cui si trascrivono le dichiarazioni assunte dalle parti oppure da terzi coinvolti a vario titolo nel procedimento, da quella in cui si esprimono eventuali valutazioni.

In definitiva, nonostante gli sforzi del legislatore, l’intervento dei Servizi Sociali e Sanitari non potrà sostituire la consulenza tecnica d’ufficio, unico strumento istruttorio capace di fornire adeguata garanzia di specifica competenza tecnica e piena tutela del contraddittorio.

La nuova normativa in materia di consulenza tecnica d’ufficio, prevista dall’art. 473 bis.25 cpc, recependo gli approdi della consolidata giurisprudenza della corte di Cassazione, impone al giudice di precisare l’oggetto dell’incarico e di scegliere un consulente tra quelli dotati di specifiche competenze in relazione all’accertamento e alle valutazioni da compiere.

In secondo luogo, la norma in commento stabilisce che le indagini e le valutazioni su caratteristiche e profili di personalità delle parti siano consentite soltanto nei limiti in cui hanno ad oggetto aspetti che siano tali da incidere direttamente sulle capacità genitoriali.

Ciò limita il perimetro in cui il C.T.U. dovrà e potrà muoversi e la sua indagine non potrà vertere su generiche caratteristiche e profili di personalità, ma soltanto motivando come e quando tali aspetti siano determinanti e condizionanti la capacità genitoriale delle parti.

A corollario di tali previsioni, la norma impone anche in questo caso al CTU di fondare le valutazioni, su metodologie e protocolli riconosciuti dalla comunità scientifica.

Il richiamo a metodiche riconosciute dalla comunità scientifica si è reso necessario al fine di impedire che venissero ancora adottati provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori, fondati su presunti disturbi psichici non contemplati nel DSM.

Il richiamo è evidentemente alla c.d. sindrome di alienazione parentale, censurata dalla recente giurisprudenza di legittimità (con la nota sentenza della Suprema Corte civ. sez. 1 – 24/03/2022 n. 9691).

La nuova disciplina della CTU nei procedimenti di famiglia si caratterizza per un approccio più dinamico e pragmatico, rispetto al passato, e per una chiara finalità di elaborazione delle dinamiche familiari e di rivisitazione critica delle modalità di esercizio della genitorialità, proponendosi come sede per l’impulso al cambiamento e al miglioramento delle relazioni di famiglia.

Infine, tra le nuove figure ausiliarie, l’art. 473 bis.26 introduce la possibilità di nominare un esperto su richiesta delle parti.

La norma conferisce al Giudice, previa istanza congiunta delle parti, la facoltà di nominare questa inedita figura di ausiliare, scelta tra gli iscritti all’albo dei consulenti tecnici.

La norma pare richiamare la figura del coordinatore genitoriale, che mai ha trovato compiuta regolamentazione nel nostro ordinamento, perdendo tuttavia l’occasione di precisare in cosa consistono le competenze del coordinatore.

In questo modo, la figura introdotta con l’art. 473-bis.26 cpc finisce con l’essere una funzione attribuibile a qualsiasi dei professionisti iscritti nell’elenco dei consulenti tecnici d’ufficio del tribunale, senza alcuna verifica sulle effettive competenze a svolgere le funzioni di coordinazione.

La disposizione risulta poco chiara anche sotto altri profili.

Da un lato, infatti, richiede la domanda congiunta delle parti, presupponendo un consenso informato da parte delle stesse, dall’altro l’esperto rimane un ausiliario del giudice.

Non è chiaro, pertanto, se il mandato sia da intendersi conferito dalle parti, ovvero dal giudice, così come non è chiaro se anche il compenso debba essere concordato con le parti, ovvero dipenda dalla liquidazione giudiziale, pur rimanendo a carico delle parti, salvo le ipotesi di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Nel silenzio della norma, è lecito chiedersi infine se i genitori possano revocare il consenso inizialmente prestato tanto sulla nomina dell’esperto, quanto sul nominativo del professionista incaricato.

A garanzia delle parti, si ritiene che queste possano in qualunque momento revocare il consenso. Tuttavia, una revoca del consenso strumentale o ingiustificata da parte di uno o entrambi i genitori potrebbe ben rappresentare una circostanza valutabile dal Giudice in sede di decisione.

Avv. Serena Lombardo”