La Corte UE qualifica come «minori» i cittadini di Paesi non UE e gli apolidi che hanno un’età inferiore ai diciotto anni al momento del loro ingresso nel territorio di uno Stato membro e della presentazione della loro domanda di asilo in tale Stato, e che, nel corso della procedura di asilo, raggiungono la maggiore età e ottengono in seguito il riconoscimento dello status di rifugiato.
In particolare, rileva la Corte, la condizione di vulnerabilità dei minori rifugiati implica il riconoscimento di un diritto al ricongiungimento familiare che non può essere sottoposto a un margine di discrezionalità da parte degli Stati membri.
Piuttosto, fare riferimento alla data di presentazione della domanda di protezione internazionale consente di garantire un trattamento identico e prevedibile a tutti i richiedenti che si trovano cronologicamente nella stessa situazione, assicurando che il buon esito della domanda di ricongiungimento familiare dipenda principalmente da circostanze imputabili al richiedente e non all’amministrazione.
In ogni caso, precisa la Corte, la domanda di ricongiungimento familiare deve essere presentata entro un termine ragionevole, ossia in linea di principio tre mesi a decorrere dal giorno in cui al minore interessato è stato riconosciuto lo status di rifugiato.