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Capacità genitoriale irreversibilmente inidonea: sì all’adozione se la madre espone il figlio alle violenze intrafamiliari

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    Capacità genitoriale irreversibilmente inidonea: sì all’adozione se la madre espone il figlio alle violenze intrafamiliari

    Autore: Camera Minorile Palermo | News | 0 commenti | 17 marzo, 2022 | 0
    Nel giudizio di adottabilità del minore rientra anche la valutazione del comportamento della madre nei confronti del compagno violento.
    Un atteggiamento troppo remissivo o comunque l’incapacità di staccarsi definitivamente da un contesto inadatto al bambino può avere un ruolo decisivo nella perdita della responsabilità genitoriale, aprendo così la strada all’adozione piena.
    La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3546/2022, depositata lo scorso 4 febbraio 2022, ha definitivamente respinto il ricorso di una madre contro la decisione della Corte di appello di Roma che aveva valorizzato il comportamento “irrimediabilmente abbandonico” dei genitori.
    Per gli Ermellini va dichiarata l’adozione del minore in caso di comportamento abbandonico non solo del padre – dedito all’abuso di alcolici e violento nei confronti della madre anche in presenza del bambino, non collaborativo nell’intraprendere percorsi con i servizi sociali – ma anche della madre, che ha chiesto aiuto alle istituzioni solo quando non ha potuto farne a meno “e, puntualmente, ogni volta, era tornata dal compagno, portando con sé il bambino, che ha iniziato a vivere serenamente solo quando è stato inserito, da solo, in una casa famiglia, mentre la madre è tornata dal suo compagno violento, mettendo, nei fatti, la relazione di coppia al di sopra degli interessi del bambino”.
     
    Con riferimento alla madre, il giudice di secondo grado aveva rilevato, e la Cassazione lo ha confermato, che la stessa aveva lasciato che il minore “vivesse a lungo in un clima violento, senza compiere alcuna seria iniziativa per offrirgli una vita accettabile”.
     
    Il minore ha assistito “per anni a reiterati maltrattamenti fisici all’interno dell’abitazione familiare, agiti contro la madre dal padre, senza che quest’ultimo manifestasse alcuna concreta volontà di resipiscenza e di recupero, avendo continuato, anche dopo il collocamento del figlio in casa famiglia a fare uso di alcolici, a picchiare la compagna e a sottrarsi a qualsiasi percorso presso il SERD e i servizi sociali”.
     
    Le esigenze di stabilità affettiva del minore, deprivato di sicure figure di riferimento, hanno così reso impercorribile la strada del l’affidamento temporaneo a terzi e anche quella della cosiddetta “adozione mite”.
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