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Padre utilizza le foto del figlio su Instagram, è sostituzione di persona

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    Padre utilizza le foto del figlio su Instagram, è sostituzione di persona

    Autore: Camera Minorile Palermo | News | 0 commenti | 10 dicembre, 2021 | 0

    Padre utilizza le foto del figlio su Instagram, è sostituzione di persona

    Commette reato di sostituzione di persona, ex art. 494 c.p, il genitore che, utilizzando le foto del figlio adolescente nei profili social, adesca una ragazza affetta da ritardo mentale e instaura con la stessa una relazione a distanza finalizzata a ottenere vantaggi sessuali.
    Questa la sintesi della decisione espressa dal Tribunale di Trieste, sentenza n. 681/2021.

    Padre utilizza le foto del figlio, la disposizione del codice penale

    L’art. 494 del codice penale stabilisce che “Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica, con la reclusione fino ad un anno.”
    Nello specifico un uomo, per procurarsi un vantaggio ha indotto in errore una giovane affetta da disabilità intellettiva e ritardo mentale, facendosi passare per un ragazzo di 20 anni, a cui ha dato un nome di fantasia e per la cui immagine del profilo ha utilizzato le foto del figlio adolescente. Il genitore ha avviato una relazione con la ragazza, nel corso della quale le ha chiesto l’invio di foto sessualmente esplicite.
    A causa della relazione che credeva di aver instaurato con un coetaneo, la ragazza ha addirittura minacciato di suicidarsi.

    Padre utilizza le foto del figlio, la ricostruzione dei fatti del Tribunale di Trieste

    Nel caso in analisi il Tribunale di Trieste ha ravvisato la presenza di tutti gli elementi necessari a integrare il reato di sostituzione di persona. Si ha sostituzione, invero, quando una persona assume un atteggiamento finalizzato a far apparire sé stesso come un’altra persona.
    Detto reato, per la giurisprudenza più recente, può realizzarsi anche a mezzo internet quando un soggetto si attribuisce le generalità di un altro, inducendo in questo modo in errore gli utenti della rete. Punibile altresì la condotta di chi, come nel caso in questione, si crea un profilo falso su un social per ottenere dei vantaggi, che possono identificarsi anche con la sola rete di relazioni, al solo fine di soddisfare la propria vanità, in danno della persona offesa.
    Nel caso triestino, come richiede l’art. 494 c.p, la persona offesa è stata indotta in errore dall’imputato, che utilizzando le foto del figlio è riuscito ad adescarla e a intrattenere una relazione a distanza.

    Padre utilizza le foto del figlio, la giurisprudenza in materia

    Non è necessario, come ha ulteriormente precisato la giurisprudenza, che la finalità della condotta del reo, volta a procurare un vantaggio a se stessi o recare un danno ad altri, abbia natura economica o sia ingiusta. L’elemento soggettivo del dolo deve essere finalizzato a indurre in errore la vittima e nel caso di specie appare assolutamente evidente il dolo specifico di indurre in errore la giovane per ottenere dei benefici sessuali.
    È irrilevante il raggiungimento del vantaggio perseguito.
    Il danno sostanziatosi in capo alla vittima ha determinato una vera e propria esasperazione nella mente della ragazza, che ha minacciato addirittura il suicidio.
    Pacifica essendo l’induzione in errore non potrà configurarsi il mero tentativo (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 35091 del 29 settembre 2010).
    Non sono state concesse all’imputato attenuanti generiche.
    Invero, come riportato dai giudici, esse sono state concepite per attenuare il rigore eventualmente discendente dall’applicazione delle sole circostanze attenuanti tipiche, permettendo di valorizzare a favore dell’imputato ulteriori profili estrinsecati dalla sua condotta, precedenti, coevi o susseguenti alla commissione del reato.
    Peraltro, il riconoscimento di tali attenuanti non costituisce un diritto dell’imputato, ma integra unicamente una facoltà riconosciuta al giudice di merito al fine di consentire un adeguamento della pena al caso concreto. Nel caso di specie, non si rinvengono elementi che esulino dalle circostanze attenuanti tipizzate e che dunque permettano il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

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